

Nuovo “redditometro”, comma 5 dell’art. 38 del DPR n. 600/1973,
Con l’approvazione del DM 24 dicembre 2012, il nuovo “redditometro”, ex comma 5 dell’art. 38 del DPR n. 600/1973, innovato dalle disposizioni recate dall’art. 22 del DL n. 78 del 31 maggio 2010, che ha riscritto i commi 4 e seguenti del citato articolo, ha ora assunto una forma operativa più concreta.
Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto attuativo del “nuovo” redditometro, si aprono molti scenari relativi, in gran parte, alla tutela che dovrà essere accordata al contribuente, sia nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, sia nella fase contenziosa.
Riepilogando, tre sono gli indici che il Fisco utilizzerà per la determinazione sintetica del reddito:
– le spese che risultano dall’Anagrafe tributaria,
– le spese medie derivanti dalle indagini ISTAT e
– gli incrementi patrimoniali.
Il nuovo strumento, nel complesso, appare più evoluto rispetto a quelli precedenti: stante il riferimento alle spese medie ISTAT, non dovrebbe più succedere che il possesso di una vecchia auto imputi, di per sè, un reddito maggiore di 20.000 euro.
Il rapporto spesa / redditi è 1 a 1.
Se il contribuente restituisce ad esempio 15.000 euro di rate di mutuo alla banca, il reddito presunto sarà di 15.000, e non di tre volte superiore come succedeva applicando i decreti precedenti.
Il nuovo strumento, essendo di fatto uno studio di settore per famiglie, avrà valore di presunzione semplice, ma ciò non vuol dire che l’intero onere probatorio, in maniera incondizionata, graverà sull’Ufficio.
In altre parole, una volta arrivato l’accertamento, sarà centrale il contraddittorio, momento in cui il contribuente dovrà motivare il perchè le spese imputate non sono consone con la situazione concreta.
Se il contribuente nulla dice o non si presenta, allora, come detto dalla Cassazione in tema di studi di settore, vale il dato che emerge dal “redditometro”.
Molto interessante quanto prescritto nella tabella “A”, in merito all’importanza degli investimenti.
CONSUMI |
Consumi generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature |
alimentari e bevande abbigliamento e calzature altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Abitazione |
mutuo canone di locazione fitto figurativo (in assenza, nel Comune di residenza, di – abitazione in proprietà, o altro diritto reale; – locazione; – abitazione in uso gratuito da familiare) canone di leasing immobiliare acqua e condominio manutenzione ordinaria intermediazioni immobiliari (compensi ad agenti immobiliari) altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Combustibili ed energia |
energia elettrica gas riscaldamento centralizzato altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa |
elettrodomestici e arredi altri beni e servizi per la casa (biancheria, detersivi, pentole, lavanderia e riparazioni) collaboratori domestici altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Sanità |
medicinali e visite mediche altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Trasporti |
assicurazione responsabilità civile, incendio e furto per auto, moto, caravan, camper, minicar bollo (auto, moto, caravan, camper, minicar) assicurazione responsabilità civile, incendio e furto natanti, imbarcazioni e aeromobili pezzi di ricambio, olio e lubrificanti, carburanti, manutenzione e riparazione di auto, moto, caravan, camper, minicar pezzi di ricambio, olio e lubrificanti, carburanti, manutenzione, riparazione, ormeggio e rimessaggio di natanti ed imbarcazioni pezzi di ricambio, olio e lubrificanti, carburanti, servizi di hangaraggio, manutenzione e riparazione di aeromobili tram, autobus, taxi e altri trasporti canone di leasing o noleggio di mezzi di trasporto altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Comunicazioni |
acquisto apparecchi per telefonia spese telefono altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Istruzione |
libri scolastici, tasse scolastiche, rette e simili (ad esempio, per asili nido, scuola per l’infanzia, corsi universitari, master, ecc.) soggiorni studio all’estero canoni di locazione per studenti universitari altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Tempo libero, cultura e giochi |
giochi e giocattoli, radio, televisione, hi-fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, dischi, cancelleria, abbonamenti radio, televisione ed internet, lotto e lotterie, piante e fiori, riparazioni radio, televisore, computer abbonamenti pay-tv attività sportive, circoli culturali, circoli ricreativi, abbonamenti eventi sportivi e culturali giochi on-line cavalli animali domestici (comprese le spese veterinarie) altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
Altri beni e servizi |
assicurazioni danni, infortuni e malattia contributi previdenziali obbligatori barbiere, parrucchiere ed istituti di bellezza prodotti per la cura della persona centri benessere argenteria, gioielleria, bigiotteria e orologi borse, valige ed altri effetti personali onorari liberi professionisti alberghi, pensioni e viaggi organizzati pasti e consumazioni fuori casa assegni periodici corrisposti al coniuge altre spese risultanti da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria |
INVESTIMENTI |
Elemento indicativo di capacità contributiva |
Incremento patrimoniale: ammontare degli investimenti effettuati nell’anno, meno ammontare dei disinvestimenti effettuati nell’anno e dei disinvestimenti netti dei quattro anni precedenti all’acquisto dei beni, risultante da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria Ad esempio per: immobili, autoveicoli, polizze vita, azioni, obbligazioni |
Nella Tabella B c’è una sintesi delle undici tipologie di nuclei famigliari.
Le tipologie individuate sono: persona sola con meno di 35 anni, coppia senza figli con meno di 35 anni, persona sola con età compresa tra i 35 e i 64 anni, coppia senza figli con età compresa tra i 35 e i 64 anni, persona sola con 65 anni o più, coppia senza figli con 65 anni o più, coppia con un figlio, coppia con due figli, coppia con tre o più figli, mono genitore e altre tipologie.
Essi verranno conteggiati al netto dei disinvestimenti non solo dell’anno, ma anche dei quattro anni precedenti.
Quindi il contribuente ha dimostrato di avere una capacità di spesa, ma detta capacità, dal punto di vista normativo, trova automatica giustificazione nei disinvestimenti effettuati.
Considerato che, nel sistema pregresso (e anche oggi per gli accertamenti ante 2009) talune Direzioni provinciali pretendono la prova che il denaro proveniente dal disinvestimento è stato, in concreto, utilizzato per l’incremento patrimoniale, l’innovazione è da salutare con favore.
Ove non ci siano disinvestimenti, la spesa potrà essere imputata per intero nell’anno del sostenimento, come dice peraltro l’art. 38 del DPR 600/73, ma il contribuente potrà dimostrare di averla potuta sostenere grazie ai risparmi accumulati negli anni, e qui si aprirà il delicato problema relativo al contenuto della prova contraria.
Sulle spese medie che derivano dalle indagini ISTAT, rimane fermo che il Fisco, in certi casi, dovrà dimostrare il possesso del “fatto indice”, come ora.
Di conseguenza, se vengono imputate spese medie per carburante, occorre dimostrare che il contribuente possiede un auto, stessa cosa per le spese che derivano dal possesso di animali domestici.
Per le spese che, per “fatto notorio”, tutti sostengono come le spese per alimentari e vestiario, occorrerà una certa flessibilità da parte del Fisco e delle Commissioni tributarie.
E’ palese che se, per ipotesi, l’accertamento viene fatto ad un pensionato che ha sempre vissuto in campagna, è presumibile supporre che questi nulla (o quasi) abbia speso per il vestiario, men che meno per l’iscrizione a centri di benessere.
A poco serve conservare ricevute fiscali e scontrini, ad esempio, relativi alla spesa effettuata nel supermercato: anche se al Fisco si esibiscono le ricevute della spesa fatta tutto l’anno, il funzionario, del tutto legittimamente, potrà obiettare che il contribuente non le ha esibite tutte, e che, quindi, rimane valida la presunzione ISTAT.
Invece, potrebbe essere utile conservare le ricevute delle spese che possono risultare dalle banche dati, come quelle per l’effettuazione di viaggi e crociere (meglio averle, ad esempio per contestare eventuali errori materiali).
Data l’assimilazione tra “redditometro” e studi di settore, non resta che analizzare gli effetti che i principi della giurisprudenza di Cassazione possono avere nel neointrodotto sistema accertativo.
Come affermato in tema di studi di settore nella sentenza n. 26635 del 2009, è il contraddittorio “l’elemento determinante per adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente l’ipotesi dello studio di settore”: in caso contrario, lo studio di settore, quindi il “redditometro”, “si trasformerebbe da mezzo di accertamento a mezzo di determinazione del reddito”, con inevitabile compressione dei diritti costituzionalmente garantiti.
Allora, partendo dalle tabelle allegate al DM del 24 dicembre 2012, la valenza presuntiva delle stime dovrà, effettivamente, formarsi nel contraddittorio.
Poi, all’esito di ciò, se al contribuente va bene l’eventuale rideterminazione del reddito effettuata, potrà essere stipulato l’accertamento con adesione; in caso contrario si apre la via del contenzioso e il Fisco dovrà dimostrare al giudice perché le deduzioni difensive del contribuente non sono state ritenute soddisfacenti.
In vari esempi numerici, presi dalle medie ISTAT, si evince chiaramente che sotto molti aspetti il nuovo strumento è migliore del precedente, ma effettuare un’esemplificazione numerica non è esaustivo, in quanto da nessuna parte è scritto che il Fisco debba utilizzare tutti i parametri di spesa indicati nel decreto.
La presenza del “fatto base” (possesso di immobile, auto, animale domestico) legittima l’imputazione delle spese effettive o presunte.
Ma in tutti i casi in cui detto “fatto base” non c’è (alimenti, vestiario, elettrodomestici, cura della persona, istruzione, onorari liberi professionisti), si apre la strada del confronto tra le parti.
Indici ISTAT da contestualizzare
In sede di contraddittorio, come ha affermato la Cassazione, si deve formare la presunzione e, sulla base delle circostanze di fatto emergenti in detta sede, la spesa presunta dovrà essere contestualizzata.
Qui, il contenuto della prova contraria risulta avere un “volto” assai diverso dal passato.
Prima, c’era il reddito presunto, e, secondo gli uffici finanziari, o c’erano redditi esenti o esclusi, oppure si andava in contenzioso.
Ora, invece, siamo in presenza di una serie di voci di spesa che solo potenzialmente possono essere presunte, e la prova contraria potrà in molti casi essere fornita sulla base di massime di esperienza.
La forza delle presunzioni assolute.
Se il Fisco dirà che abbiamo speso 4.000 euro per vestiario, il contribuente non potrà mai sostenere, documentalmente, che ha speso meno, ma potrà affermare che ciò è irrazionale sulla base delle cosiddette “massime di esperienza”, e così per molte altre spese.
Con l’intento di dare prova contraria, è possibile concludere che:
– ora come prima, se il redditometro imputa un reddito maggiore del dichiarato, l’onere probatorio del contribuente è assolto se si possiedono redditi esenti, donazioni dei familiari e così via;
– se ci sono errori materiali (esempio, una spesa che emerge dall’Anagrafe tributaria e che, per errore, è stata sostenuta in maniera inferiore), è possibile confutare il dato con i documenti alla mano;
– per le spese presunte, come dice il decreto sarà possibile dimostrare la diversa imputazione tramite “massime di esperienza”, e specie in tal caso il contraddittorio avrà un ruolo fondamentale.
Il decreto, al quinto comma dell’articolo 1 prevede come, fatta salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, in presenza delle spese indicate nella tabella ministeriale, ai fini dell’accertamento, si considera l’ammontare più elevato tra quello disponibile o risultante dalle informazioni presenti in Anagrafe tributaria e quello determinato considerando la spesa media rilevata dai risultati dell’indagine sui consumi dell’Istituto nazionale di statistica o da analisi e studi socio economici, anche di settore.
Quindi l’ufficio in ordine ad una delle spese tipizzate dall’allegato A al decreto ministeriale, potrà scegliere quello recante l’importo più elevato tra i seguenti:
– risultante dalle indagini ISTAT;
– risultante da analisi e studi socio-economici, anche di settore;
– risultante dalle informazioni presenti in Anagrafe tributaria.
Se il contribuente è in possesso della documentazione attestante entità e modalità della spesa effettuata, appare evidente come l’onere di provare l’effettivo importo della stessa ricada sull’ufficio: in sostanza, l’eventuale “plusvalore” della spesa dovrà essere argomentato dall’Ufficio, che avrà il suo bel da fare a contestare il sottodimensionamento dell’acquisto del bene o del servizio (alla stregua di una ratio che, c’è da starne certi, più o meno sarà fondata sull’interesse del contribuente a sottostimare la spesa per evidenti ragioni di tenere bassa l’asticella del reddito sinteticamente attribuibile).
Nella ipotesi in cui il contribuente sia a corto di elementi “certi e incontrovertibili” idonei ad avversare le presunzioni dell’ufficio; e, sul punto, occorre fare riferimento non soltanto alle spese non espressamente “tipizzate”, come nel caso di cibarie e abbigliamento, ma anche a quelle puntualmente contemplate dalla tabella ministeriale comunque “intercettate” dal Fisco in base alle risultanze dell’Anagrafe tributaria.
Peraltro, come è noto, la nuova struttura dell’art. 38 contempla due tipologie di rettifica finalizzate alla determinazione sintetica del reddito:
– la prima, di tipo “spesometrico”, ovvero basata sulla spesa patrimoniale, ove si presume che alla capacità di spesa del contribuente corrisponda, al ricorrere di determinate circostanze, una capacità contributiva non dichiarata (comma 4);
– l’altra, fondata sul “redditometro” (comma 5), ove il reddito viene, invece, quantificato sulla base di apposite elaborazioni e stime (individuate con il DM 24 dicembre 2012).
Ora, tralasciando qui l’analisi tecnica dei più noti elementi indicativi di capacità contributiva, inseriti nella tabella A allegata al decreto in due macro categorie (consumi e investimenti) e che riflettono sostanzialmente i vari ambiti delle spese della quotidianità (abitazione, istruzione, sanità, trasporti, costi per l’acquisto di beni mobili, elettrodomestici, arredi, cibo, abbigliamento e spese per il benessere personale), occorre, invece, soffermarsi su una particolare previsione addizionale della nuova determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, laddove, ai sensi dell’art. 1, comma 6 del decreto, viene ora anche disciplinato che l’Agenzia delle Entrate avrà anche la facoltà di utilizzare “elementi di capacità contributiva diversi da quelli riportati nella tabella A” tra cui, anche, la “quota di risparmio riscontrata, formatasi nell’anno”.
In sostanza, il processo di stratificazione del reddito complessivo accertabile, ex art. 3 del citato decreto, sarà progressivamente generato e sinteticamente composto dalla quota di risparmio di formazione infrannuale, oltre che dalle spese per consumi, effettive e sostenute (ovvero spese anche diverse dalla Tabella A, purché conosciute dal Fisco).
Ovviamente, peraltro, è stata prevista, in particolare per coloro che immaginavano di rendere, in tutto o in parte, “non tracciate” le proprie spese al Fisco, una “sostituzione” tecnica del reddito imputabile sulla base delle spese effettive, elaborata con un pro quota familiare di una spesa media ISTAT che potrà sempre attribuire al contribuente quote di elementi stimati di spesa redditualmente rilevanti, se superiori alle spese effettive.
Oltre ai dati ISTAT, peraltro, il calcolo potrà subire anche un successivo adattamento (al rialzo) per effetto di ulteriori analisi e studi socio-economici che avranno sempre il compito di sviluppare induzioni sulle spese riferite alla tabella A dalla quota imputabile di investimenti e relativa agli incrementi patrimoniali del contribuente nel periodo d’imposta.
Poiché, in economia (e, quindi, anche per il Fisco), il risparmio annuale è la quota del reddito che non viene spesa nel periodo in cui esso è percepito, dal contenuto dell’art. 3, comma 1, lett. e) del decreto sembra poter trarre origine un nuovo sillogismo presuntivo, secondo cui dal riscontro di un notevole differenziale positivo nei saldi dei rapporti finanziari, tra l’inizio e la fine del periodo di imposta, potrà emergere una presunzione di reddito non dichiarato.
Quando dall’esame dei conti correnti (o, semmai, più raramente anche dalla detenzione ingiustificata e contestata di denaro contante) emergeranno palesi non conformità tra la differenza del reddito dichiarato e le spese sostenute o stimate ed attese in capo al contribuente nel periodo di imposta, potrebbero svilupparsi elementi sintetici accertabili, sulla base di una congettura secondo cui tale anomala accumulazione di risparmio sarebbe il frutto di un occultamento totale o parziale di manifestazioni di capacità contributiva (a quel punto presuntivamente ritenute effettuate con disponibilità non dichiarate), ovvero di un’infedeltà nel versante dei componenti positivi della dichiarazione dei redditi.
Chi spende ufficialmente meno di quanto atteso (e, quindi, risparmia troppo) non è credibile sulla veridicità dichiarata delle sue entrate finanziarie.
Se questa sarà l’ipotesi sottostante l’inserimento della nuova previsione accertatrice, appare ora anche più chiara la finalità dell’art. 11, commi 2 e 3, del D.L. 201/2011, che ha imposto agli operatori finanziari, per dirla con le parole del Garante della privacy, una concentrazione presso l’Anagrafe tributaria di un’enorme quantità di informazioni personali inviate periodicamente (saldo iniziale e finale dei c/c, importi totali degli accrediti e degli addebiti anche delle gestioni patrimoniali, ecc.). In prospettiva, quindi, saranno non solo le spese del contribuente, ma anche le indagini finanziarie ad alimentare la metodologia sintetica di accertamento del reddito e ciò, ovviamente, anche in chiave selettiva, ex comma 4 del citato art. 11, potendo ora l’Agenzia delle Entrate visionare, anche “in chiaro” ed al fine di formare le liste dei soggetti accertabili, i movimenti finanziari.
Pressoché tutti i commentatori della nuova modalità di determinazione sintetica del reddito concordano sul fatto che le presunzioni derivanti dal “redditometro” hanno valore semplice, e non legale relativo, e ciò, come logica conseguenza, comporta l’applicazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza in tema di studi di settore.
Quanto esposto, “a cascata”, fa sorgere la necessità, peraltro contemplata dallo stesso art. 38 del DPR 600/73, che le parti, prima dell’accertamento, si confrontino, siccome solo in tale sede la presunzione acquista i requisiti di gravità, precisione e concordanza.