

Fuori dai calcoli del Plafond e dallo Status di esportatore abituale le fatture delle operazioni extraterritoriali
Il nuovo testo dell’art. 21, con effetto dal 1° gennaio 2013, prevede, nel comma 6-bis, l’estensione dell’obbligo di fatturazione alle operazioni non soggette all’Iva ai sensi degli artt. 7; 7 bis e 7-ter, se effettuate da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello stato:
a) cessioni di beni e prestazioni di servizi (escluse le operazioni creditizie, assicurative e finanziarie indicate ai nn. 1, 2, 3, 4 e 9 dell’art. 10, dpr 633/72) effettuate nei confronti di un soggetto passivo che è debitore dell’imposta in un altro stato membro dell’Ue
b) cessioni di beni e prestazioni di servizi che si considerano effettuate fuori dell’Ue.
In conseguenza dell’assoggettamento all’obbligo di fatturazione, queste operazioni saranno soggette anche a registrazione/dichiarazione e concorreranno alla determinazione del volume d’affari (il quale, ai sensi del primo comma dell’art. 20 del dpr 633/72, comprende le operazioni effettuate, «registrate o soggette a registrazione» con riferimento ad un anno solare).
Il decreto prevede inoltre la sostituzione del secondo comma dell’art. 20 citato, al fine di includere nel volume d’affari le prestazioni di servizi cosiddette «generiche» rese nei confronti di soggetti passivi stabiliti in altri paesi Ue, prestazioni che, pur sottoposte (sinora in via speciale, dal 2013 per effetto della previsione sub a) all’obbligo di fatturazione, fino ad ora sono state espressamente escluse dal volume d’affari del contribuente.
A seguito di tali modifiche, le imprese e i professionisti che effettuano cessioni e (soprattutto) prestazioni di servizi non territoriali, dal 2013 vedranno crescere l’ammontare del volume d’affari, entità che, agli effetti dell’Iva, è fondamentalmente un parametro che misura le dimensioni del contribuente, al quale sono però collegati, direttamente o indirettamente, diversi istituti.
Per fare due esempi, la possibilità di eseguire le liquidazioni con cadenza trimestrale anziché mensile è riservata ai contribuenti con volume d’affari non superiore a 400 mila ovvero 700 mila euro (a seconda della tipologia di operazioni), mentre l’accesso al nuovo regime di cassa è riservato ai contribuenti con volume d’affari non superiore a 2 milioni. L’incremento del volume d’affari renderà più selettiva la fruizione di questi regimi agevolati.
Ma gli effetti influenzeranno anche il calcolo del presupposto per il diritto al rimborso dell’Iva spettante a coloro che effettuano cessioni all’esportazione per oltre il 25% del fatturato, come pure l’ambito della comunicazione delle operazioni con soggetti di paesi «black list» (che abbraccerà le cessioni «allo stato estero»).
Un’apposita norma sterilizza invece gli effetti sulla determinazione dello status di «esportatore abituale»: ai detti fini, nel volume d’affari non si dovrà tenere conto, oltre che delle cessioni di beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale (come già attualmente), delle operazioni indicate nel comma 6-bis del nuovo art. 21.
Per effetto delle modifiche apportate, dal 1° gennaio 2013, ed in particolare con la previsione di rilevanza ai fini del volume d’affari delle operazioni fuori campo IVA ex artt. da 7 a 7-septies del D.P.R. 633/72, si rischiava un’ulteriore penalizzazione per i soggetti che effettuano servizi fuori campo IVA per carenza del presupposto territoriale (con particolare riguardo a quelli “generici” di cui all’art. 7-ter), poiché nella verifica dello status di esportatore abituale l’aumento del volume d’affari (denominatore) avrebbe reso più difficile il raggiungimento di tale qualifica, atteso che le operazioni in questione non rilevano in ogni caso al numeratore del rapporto (in cui sono indicate le sole operazioni non imponibili).
Per evitare tale penalizzazione, è stata correttamente apportata una modifica all’art. 1 del D.L. n. 746/1983, con cui si dispone che il volume d’affari, ai soli fini del conteggio dello status di esportatore abituale, deve essere depurato, oltre che delle cessioni di beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale (come in passato), anche di quelle indicate al comma 6-bis dell’art. 21 del D.P.R. 633/72, tra cui rientrano come detto anche i servizi resi a soggetti passivi d’imposta UE o extra-UE carenti del presupposto territoriale.
Una neutralizzazione corretta che non penalizza ulteriormente coloro che operano con l’estero.
Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi prive del requisito territoriale, da quest’anno soggette all’obbligo di fatturazione previsto dall’art. 21, comma 6-bis del DPR n. 633/1972, sono irrilevanti ai fini sia della verifica dello status di esportatore abituale, sia della formazione del plafond per l’acquisto di beni/servizi senza applicazione dell’IVA.
Tali operazioni, soggette anche a registrazione, concorrono alla determinazione del volume d’affari di cui all’art. 20 del DPR n. 633/1972.
Al riguardo, con una modifica all’art. 1, comma 1, lett. a) del DL n. 746/1983, è stato stabilito che, ai fini della verifica dello status di esportatore abituale, indispensabile per avvalersi del plafond, il volume d’affari deve essere assunto al netto non soltanto delle cessioni di beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale (ad esempio, depositi doganali), ma anche – ed è questa la novità – delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui al citato art. 21, comma 6-bis.
In pratica, l’operatore nazionale assume la qualifica di esportatore abituale se le operazioni con l’estero registrate nell’anno solare precedente o nei dodici mesi precedenti sono superiori al 10% del volume d’affari “rettificato”, calcolato cioè senza considerare le operazioni extraterritoriali per le quali è obbligatoria l’emissione della fattura, tali essendo peraltro le cessioni di beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale siccome territorialmente non rilevanti (art. 7-bis, comma 1 del DPR n. 633/1972), ma pur sempre soggette a fatturazione (art. 21, comma 6, lett. a) del DPR n. 633/1972).
Benché non esplicitato dall’intervenuta modifica normativa, le operazioni extraterritoriali che sterilizzano il volume d’affari non possono neppure essere considerate tra quelle che concorrono alla formazione del plafond e, quindi, nemmeno tra quelle idonee a determinare lo status di esportatore abituale.
Anche se il citato art. 1, comma 1, lett. a), del DL n. 746/1983 fa riferimento alle cessioni all’esportazione “dirette” di cui alle lett. a) e b) dell’art. 8 del DPR n. 633/1972, le operazioni d’importo superiore al 10% del volume d’affari “rettificato” sono le stesse che generano plafond.
La conferma è data dalla circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 8/2003 (§ 1), laddove viene precisato che lo status in esame “si acquisisce quando le operazioni che creano plafond […] nel periodo di riferimento (anno solare o dodici mesi precedenti a seconda che il contribuente utilizzi rispettivamente il metodo solare o il metodo mensile) sono superiori al dieci per cento del volume d’affari”. Così, se il volume d’affari “rettificato” è pari a 100.000 euro, la qualifica di esportatore abituale è acquisita se l’ammontare delle operazioni che costituiscono plafond è almeno pari a 10.001 euro.
Ebbene, sempre secondo la richiamata circolare (§ 2), le operazioni che generano plafond sono – in via generale – le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatturate in regime di non imponibilità IVA, a prescindere dall’ambiente in cui le stesse vengono effettuate (intracomunitario o internazionale).
Per contro, non costituiscono plafond, come anche confermato dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 185/2001, le cessioni di beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale e, da quest’anno, anche le operazioni extraterritoriali di cui all’art. 21, comma 6-bis, del DPR n. 633/1972.
In definitiva, occorre prestare attenzione a non conteggiare le suddette operazioni nel plafond, incrementando illegittimamente gli acquisti posti in essere senza applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c), del DPR n. 633/1972 (con fornitore italiano) e/o dell’art. 42, comma 2 del DL n. 331/1993 (con fornitore comunitario).
Allo stesso modo, per quanto detto, le operazioni prive di territorialità non vanno computate tra quelle che, se superiori al 10% del volume d’affari “rettificato”, attribuiscono all’operatore italiano la qualifica di esportatore abituale.
Da ultimo, è opportuno rammentare che, ai fini sia della verifica dello status di esportatore abituale sia della formazione del plafond, assumono rilevanza le fatture anticipate delle cessioni intracomunitarie di beni, anche se “spontanee”, cioè emesse a fronte degli acconti pagati dalle controparti Ue, che da quest’anno non costituiscono più autonomo momento di effettuazione dell’operazione intracomunitaria e, quindi, neppure del dipendente obbligo di emissione della fattura (art. 39, comma 2, del DL n. 331/1993).
Operazioni che generano Plafond
– esportazioni dirette e triangolari art. 8, co. 1 lett. a) D.P.R. 633/1972
– esportazioni a cura cessionario non residente art. 8, co. 1 lett. B D.P.R. 633/1972
– cessioni assimilate alle esportazioni (es. di navi aeromobili, dotazioni di bordo etc.), se effettuate da soggetti per cui costituiscono oggetto l’attività propria l’impresa art. 8 bis, co. 1 D.P.R. 633/1972
– servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (es. spedizioni, trasporti, carico, scarico, stivaggio etc. di beni destinati all’esportazione) se effettuate da soggetti per cui costituiscono oggetto l’attività propria l’impresa art. 9 co. 1 D.P.R. 633/1972
– operazioni con lo Stato la Città Vaticano e la Repubblica di San Marino art. 71 D.P.R. 633/1972
– cessioni di beni a sedi diplomatiche, consolari, comandi militari di altri Stati etc art. 72 D.P.R. 633/1972
– cessioni intracomunitarie dirette art. 41 D.L. 331/1993
– cessioni intracomunitarie triangolari art. 58 D.L. 331/1993
– cessioni intracomunitarie di prodotti agricoli art. 51, co.3, D.L.331/1993
– cessioni di beni nei depositi fiscali autorizzati, se la successiva estrazione costituisce esportazione, con trasporto fuori dal territorio comunitario art. 50-bis D.L. 331/1993
– esportazioni di beni usati per la parte corrispettivo soggetta al “regime margine” D.L. 41/1995