

Annullamento cartelle esattoriali equitalia. Annullamento automatico delle cartelle da subito in vigore.
Per la fase transitoria, annullamento entro 220 giorni dalla pubblicazione della legge di stabilità 2013
A regime, comunque, la procedura sarà la seguente:
– entro 90 novanta giorni dal primo atto esecutivo o cautelare il contribuente presenta all’agente della riscossione una dichiarazione ove si attesta che la cartella o l’avviso sono illegittimi per vari motivi, come l’avvenuta decadenza;
– entro 10 dieci giorni dalla data della dichiarazione citata, Equitalia la trasmette all’ente creditore con la documentazione allegata;
– l’ente creditore può confermare o meno quanto sostenuto dal contribuente, ma, in ogni caso, trascorso il termine di 220 duecentoventi giorni dalla data di invio della dichiarazione la cartella, sostanzialmente, è annullata di diritto e il concessionario è automaticamente discaricato.
L’ aspetto fondamentale della nuova norma non comporta assolutamente il venir meno della necessità di proporre ricorso contro l’accertamento o la cartella di pagamento.
Il contribuente potrà mai pensare di evitare di censurare tempestivamente l’accertamento per mancato rispetto dei termini di decadenza confidando nel fatto che, tanto, il Legislatore ha introdotto l’annullamento automatico delle cartelle di pagamento per tale specifico motivo.
Non a caso, dalla lettera delle legge (L. 24 dicembre 2012, n. 228, pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 212 della Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre scorso e in vigore dal 1° gennaio), non è affatto chiaro il suo ambito di applicazione, né la tutela accordata al contribuente in caso di “responso negativo” ad opera dell’ente impositore, responso che blocca l’annullamento automatico.
Valgono le dichiarazioni inviate prima dell’entrata in vigore della legge.
Nella fase transitoria, si precisa innanzitutto che sono valide le dichiarazioni presentate dai contribuenti prima della data di entrata in vigore della predetta legge.
Ci si riferisce all’autodichiarazione approvata da Equitalia con la direttiva 10/2010, che riguarda, però, solo alcune delle fattispecie interessate dalla neo introdotta normativa (pagamenti, sgravi, sospensioni giudiziali).
Ad ogni modo, ad oggi i contribuenti, o tramite il modello richiamato o mediante una mera dichiarazione che non deve rispettare particolari requisiti formali, possono “sperimentare” il potenziale annullamento automatico.
ESEMPIO Tizio (a prescindere dal fatto che abbia o meno fatto ricorso contro l’accertamento) si accorga che l’atto è stato notificato oltre il termine decadenziale, e che, a dicembre 2012, sia già arrivato il fermo, l’ipoteca o il pignoramento (non sembra sufficiente la cartella di pagamento, siccome si parla di veri e propri atti esecutivi o cautelari).
Egli avrebbe potuto inviare ad Equitalia la dichiarazione motivando il perché dell’avvenuta decadenza, riscontrando il tutto con idonea documentazione, e se l’ente creditore non risponde entro 220 giorni dalla data di pubblicazione della legge (quindi dal 29 dicembre) il ruolo (o il credito affidato, se si tratta di accertamenti esecutivi) è annullato di diritto ed Equitalia è automaticamente discaricata.
Sono in risalto le evidenti criticità dell’introduzione, ad opera della legge di stabilità 2013, dell’annullamento automatico delle cartelle di pagamento che, sulla base di un’autodichiarazione del contribuente, si rivelano interessate da decadenze/prescrizioni antecedenti alla formazione del ruolo e da altre cause di non esigibilità.
A differenza di ciò che è stato “ventilato” in alcune sedi, non si tratta in alcun modo di porre un freno al fenomeno delle “cartelle pazze”, ovvero delle cartelle emesse per un errore del sistema, che può essere una sostituzione di persona o un altro errore macroscopico.
Il testo di legge prevede che il contribuente può bloccare la riscossione documentando che c’è stato un pagamento, uno sgravio o una sospensiva, e fino a qui tutto quadrerebbe, anche se Equitalia, già con la direttiva 10/2010, aveva approvato un suo modello di dichiarazione, e lo stesso Legislatore, modificando l’art. 49 del DPR 602/73 con il DL 40/2010, aveva previsto una cosa simile, peraltro mai attuata dall’Esecutivo, nonostante la legge lo imponesse.
Ora, la sospensione può essere causata anche se il contribuente documenta che si è verificata prescrizione o decadenza intervenuta in data antecedente al momento in cui il ruolo è stato reso esecutivo, oppure vi sia una “qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”.
Sfugge al Legislatore che le cause di decadenza (che, per come è formulata la norma, non possono che riguardare l’avviso di accertamento) possono, anzi devono, essere contestate nel ricorso contro l’accertamento.
Un ulteriore aspetto si tratta di accertamenti esecutivi, il pignoramento è soggetto a decadenza, che non si interrompe per nessuna ragione.
Allora se il contribuente invia l’autodichiarazione, magari documentando che l’accertamento è tardivo in quanto non opera il raddoppio dei termini per violazioni penali (le ragioni per sostenere ciò possono essere infinite), Equitalia, per come è scritta la norma, deve sospendere tutto, il che può aprire le strade all’inesorabile formazione della decadenza.
Il dato normativo non vieta al contribuente di inviare la dichiarazione più volte.
È vero, c’è la sanzione amministrativa dal 100% al 200% delle somme se la documentazione è falsa, ma se il contribuente censura la decadenza per mille motivi di merito che possono essere fondati, infondati o anche solo opinabili, la sanzione non può essere irrogata, siccome non si sta producendo documentazione falsa.
Se l’intenzione fosse stata quella di limitare i poteri di Equitalia, o, usando un altro termine, di tutelare maggiormente il contribuente da potenziali soprusi del potere tributario, sarebbe stato opportuno circoscrivere i fermi di auto a determinate ipotesi, o introdurre il concetto di “eccesso di potere”, o magari limitare i poteri nei confronti dei contribuenti meno abbienti che, per le più varie ragioni, non hanno potuto onorare i propri debiti.
In tal modo, la disposizione di legge è troppo aperta, e rischia di andare a danno sia dei contribuenti che degli agenti della riscossione.