

LEGGE DI STABILITÀ Deducibili le perdite su crediti cancellati dal bilancio
La legge di stabilità lo consente anche per le imprese che adottano i principi contabili nazionali
Con la legge di stabilità per il 2014, vengono equiparati, ai fini fiscali, gli effetti della cancellazione del credito operata nel bilancio di soggetti che utilizzano i principi contabili nazionali a quelli che adoperano gli IAS.
Per questi ultimi, si ricorderà, la suddetta novità è stata introdotta dall’art. 33, comma 5 del DL 22 giugno 2012 n. 83 (conv. L. 7 agosto 2012 n. 134), il quale ha implementato in tal senso l’art. 101, comma 5 del TUIR a decorrere dal 2012.
Ebbene, l’art. 1, comma 160, lett. b) della legge di stabilità 2014 apporta ulteriori modifiche al TUIR, prevedendo che “gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili”. Con la legge di stabilità, pertanto, si consente, tra l’altro, la deducibilità delle perdite iscritte in bilancio anche per le imprese che adottano i principi contabili nazionali.
La modifica è assai rilevante poiché, di fatto, amplia per le imprese la possibilità di deduzione “automatica” delle perdite su crediti, fermo restando il potere dell’Amministrazione finanziaria di disconoscere la deducibilità delle medesime perdite su crediti nelle ipotesi di errata applicazione dei principi contabili nazionali.
Dal punto di vista concreto e fermo restando il disconoscimento di eventuali manovre elusive, la cancellazione del credito dal bilancio operata a seguito, ad esempio, di un riconoscimento giudiziale inferiore al valore iniziale, di una transazione, della cessione del credito pro soluto o per effetto di prescrizione (cfr. OIC 12 e 15) determinerà la piena rilevanza fiscale della perdita sussistendo, ex lege, gli elementi certi e precisi.
Sembra quindi avviata a conclusione la querelle legata, tra l’altro, alla necessità di dover dimostrare gli elementi certi e precisi in caso di cessione del credito con realizzo di una perdita.
A suo tempo, la Cassazione, con la sentenza n. 13181/2000, ha affermato la necessità di verificare la presenza dei requisiti di certezza e precisione della perdita anche per la deducibilità della cessione pro soluto.
In particolare, la Suprema Corte (sentenza n. 14568/2001) ha affermato che “pur riconoscendo l’idoneità in astratto di una cessione pro-soluto a costituire valida ragione per la deducibilità, va evidenziata la necessità che il contribuente che voglia portare in deduzione la perdita deve dimostrare […] gli elementi certi e precisi che hanno dato luogo a una perdita”.
Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza, peraltro, l’Agenzia con la ris. n. 70/2008, laddove ha sostenuto che “la cessione pro soluto dei crediti ritenuti inesigibili non comporta comunque la deducibilità degli stessi, allorché non siano presenti dati di riferimento precisi, o procedure concorsuali comprovatamente in atto”.
Con risposta all’interrogazione parlamentare 5-00570 del 5 novembre 2008 l’Agenzia ha, peraltro, ripreso la tematica pervenendo a identiche conclusioni: “Quanto all’affermazione riportata nell’interrogazione in esame secondo la quale «quando vi è una cessione pro soluto fisiologica di un credito, vi è deducibilità dell’eventuale perdita, per il solo fatto dell’alienazione del credito stesso», si deve piuttosto osservare che la deduzione delle perdite su crediti è subordinata alla dimostrazione degli elementi di certezza e precisione, richiesti al citato comma 5 dell’art. 101 […]. L’orientamento giurisprudenziale evidenzia come la deducibilità fiscale delle perdite derivanti dalla cessione di crediti (anche pro soluto) non possa prescindere dalla sussistenza dei requisiti di «certezza» e «precisione» previsti dalla richiamata disciplina fiscale”.
L’Agenzia, con la circ. n. 26/2013, sull’ipotesi di cessione a titolo definitivo del credito, ha comunque chiarito che si ritengono verificati i requisiti di deducibilità della perdita richiesti dall’art. 101, comma 5 del TUIR quando questa si presenta d’ammontare non superiore alle spese che sarebbero state sostenute per il recupero del relativo credito e, inoltre, quando il credito è ceduto a banche o altri intermediari finanziari vigilati, residenti in Italia o in Paesi che consentano un adeguato scambio di informazioni, che risultano indipendenti, ai sensi dell’art. 2359 c.c., rispetto al soggetto cedente e al soggetto ceduto, tenuto conto del fatto che il valore di cessione del credito viene immediatamente riconosciuto ai fini fiscali in capo all’ente creditizio o finanziario acquirente.
Finalmente, il legislatore è intervenuto per mettere un po’ di ordine nel tormentato art. 101 del TUIR.
È tuttavia palese che l’Amministrazione finanziaria possa disconoscere le perdite su crediti derivanti da cessioni elusive del credito ai sensi dell’art. 37-bis del DPR n. 600/1973.
La problematica è di rilevante importanza soprattutto per quanto riguarda la cessione dei crediti all’interno del gruppo, ove la perdita su crediti viene realizzata da una delle società con reddito imponibile, mentre l’altra società acquirente, in perdita fiscale, realizza un componente positivo a seguito dell’incasso del credito per un importo superiore a quello di costo.